La stagione 2018 di Formula Uno è alle porte, e tra le tante storie che s’intrecciano nel suo sottosuolo c’è una storia, la più larga e generale di tutte, che si trova ad un punto di svolta: il futuro del Circus ed il suo carattere. Ad un anno dall’abdicazione di Bernie Ecclestone, nei prossimi dodici mesi potremo davvero capire quanto c’è da attendersi e quali saranno le direttrici della gestione Liberty Media.
Un anno di transizione
Il 2017 è stato essenzialmente ancora “ecclestoniano”. Un modello di F1 non scevro di buchi e controversie — tanto sul lato tecnico che sul versante spiccatamente politico — sebbene sia il format che abbia propriamente partorito il fenomeno di massa, avvicinando le ruote scoperte al grande pubblico ed edificando un business miliardario. Chase Carey — boss di Liberty Media — ha d’altronde messo subito le cose in chiaro: esige, pretende, punta al cambiamento. Ed una, due, tre stagioni non sembrano sufficienti all’idea che l’americano dai baffi a manubrio ha per la testa.
I primi cambiamenti
Ad iniziare col trucco: una nuova veste, più essenziale, ad agio con gli stilemi dei tempi; un nuovo fronte, quello dei social network, su cui Liberty Media ha mobilitato ingenti risorse. Il senso è quello di abbracciare ancora più pubblico, magari quello perso perché “non ci sono più sorpassi” e tenersi buona la fazione degli appassionati con una caterva di dati in più: la telemetria installata sulle monoposto scaricherà molte più informazioni, che, a detta del responsabile dell’area commerciale Sean Bratches, verranno comunicate ed elaborate con infografiche agli utenti che si abboneranno al servizio “premium” del live streaming.
A stelle e strisce
Senza scadere nella banalità di genere: un’americanata a tutto tondo. Non che disprezzi la cosa, chi vi scrive è probabilmente il primo che usufruirà di quel servizio, ma è innegabile che la cultura popolare sportiva statunitense sia attraversata da un certo feticismo dei numeri. È da capire se e come lo spettatore del vecchio continente riuscirà a trovare stimolo e piacere.
La F1 di Carey
La questione è però di un ordine ben più alto: Carey punta al livellamento dei reparti tecnici delle scuderie, nel preciso fine di offrire uno show dallo spettro più competitivo e dall’anima più agonistica. Fondamentale in questa sua personale battaglia è affermare il budget cap, cioè il limite di spesa imponibile a tutti i team in egual misura. Un fatto che ha trovato in Sergio Marchionne una feroce controparte e la minaccia di abbandonare la classe regina con la Ferrari: il livellamento annullerebbe quelli che sono dei valori in campo costruiti in un decenni di studi, successi, fallimenti, investimenti.
Perchè il 2018 è decisivo
È per questo che il 2018 si prefigura come lo scenario di una guerra silenziosa, che procede a colpi di firme e accordi, ma può essere scossa e rivoltata anche da un successo in pista. Se la Ferrari dovesse vincere o monopolizzare i prossimi campionati, Carey non avrebbe alcuna possibilità di tagliare fuori Maranello. La prossima stagione è destinata a cambiare, in senso conservatore o rivoluzionario, il futuro della Formula Uno.