Il crashgate di Singapore del 2008 rimane uno degli episodi più controversi nella storia della Formula 1, un evento che ha gettato un’ombra sulla credibilità del Campionato Mondiale di Formula 1.
Felipe Massa, ex pilota della Ferrari e che dal 2018 si era dedicato alla Formula E, fu direttamente coinvolto in quella situazione e subì gravi conseguenze nelle sue aspirazioni al titolo mondiale a causa di quel controverso incidente. In questi giorni ha annunciato la sua decisione di citare in giudizio la Fédération Internationale de l’Automobile (FIA).
Massa ha dichiarato con fermezza durante un incontro a San Paolo che la sua determinazione a lottare per la giustizia è rimasta invariata nel corso degli anni.
“Ho sempre detto che avrei lottato fino alla fine” – F. Massa
La sua decisione di portare la FIA in tribunale è motivata dal fatto che, secondo lui, né la FIA né la Formula One Management (FOM), l’associazione dei team di F1, hanno intrapreso azioni adeguate per affrontare la questione in modo completo e trasparente.
Il pilota brasiliano sembra essere determinato a mettere in discussione l’operato delle istituzioni coinvolte e a cercare una risoluzione attraverso il sistema legale. La sua mossa potrebbe aprire nuovi capitoli sulla vicenda, portando alla luce dettagli e responsabilità che finora potrebbero non essere stati completamente esplorati.
I fatti di Singapore 2008 e l’inizio del crashgate
Il 28 settembre 2008, durante il Gran Premio di Singapore, Fernando Alonso della Renault compì una performance straordinaria vincendo la gara disputata in notturna. Inizialmente, sembrava che il pilota spagnolo con un pizzico di fortuna avesse trovato la quadra strategica perfetta anticipando il suo primo rifornimento già al dodicesimo giro. Il fatto avrebbe poco senso se non fosse per l’incidente, occorso dopo solamente due ulteriori giri, del suo compagno di squadra Nelson Piquet Jr. che terminò violentemente contro le barriere senza riportare danni ma causando la necessità di una fase di neutralizzazione con bandiere gialle, durante le quali il rifornimento ai box era vietato per regolamento.
La complessa situazione pose gli altri team in una scelta svantaggiosa e particolarmente difficile. Le due opzioni scelte furono infatti optare per il rifornimento nonostante le bandiere gialle, subendo le penalizzazioni previste, oppure modificare completamente le proprie strategie di pit-stop in maniera improvvisa perdendo tutto il lavoro di programmazione precedentemente effettuato.
Felipe Massa sulla monoposto di Maranello fu tra coloro che subirono le conseguenze più gravi, compiendo un errore fatale nel corso del pit-stop durante il quale strappò il tubo del rifornimento, perdendo secondi preziosi in termini di piazzamento. Tutto questo il 2 novembre 2008 nell’ultimo GP della stagione, svoltosi in Brasile, paese di nascita di Massa, costò al pilota Ferrari il Mondiale quando Lewis Hamilton vinse a poche curve dalla fine, strappando di fatto il titolo al brasiliano.
Gli eventi in sé potrebbero sembrare semplicemente sfortunati, ma assumono tutto un altro significato nel settembre 2009, quando emerse la verità dietro l’incidente di Piquet Jr. Il pilota brasiliano era stato istigato dal box Renault a schiantare deliberatamente la sua vettura, con l’obiettivo di favorire Alonso e garantirsi il rinnovo contrattuale per la stagione successiva. Questo sconcertante sviluppo rivelò un lato oscuro e controverso nel mondo della Formula 1, mettendo in discussione l’integrità e la lealtà della scuderia francese e creando una situazione senza precedenti.
Il processo a Renault e la nuova richiesta di risarcimento
In seguito al processo successivo, la Renault si trova ad affrontare due anni di squalifica, mentre la stessa pena viene inflitta a Pat Symonds e Flavio Briatore, figure di spicco alla guida della squadra francese che aveva preso forma dalle ceneri della Benetton. Tuttavia, il risultato sportivo del Gran Premio di Singapore 2008 rimane immutato, poiché Fernando Alonso, il pilota vincitore, non era a conoscenza dei piani orchestrati dal team.
Questa mancanza di modifica al risultato, nonostante le sanzioni, non porta giustizia a Felipe Massa, che è costretto a rinunciare a ogni possibilità di conquistare il titolo mondiale piloti che gli era stato ingiustamente sottratto. Oggi, l’ex-pilota della Ferrari prova nuovamente a cercare giustizia presentandosi alla King’s Bench Division dell’Alta Corte di Londra per citare in giudizio la FIA, la FOM e Bernie Ecclestone. La sua intenzione è quella di ottenere riconoscimento come legittimo Campione del Mondo del 2008, mentre il quarantaduenne brasiliano mira anche a ricevere un adeguato risarcimento per danni morali e materiali subiti.
La domanda che sorge spontanea è se l’ex-pilota Ferrari riuscirà a ottenere giustizia. La sua azione legale rappresenta un tentativo coraggioso di ripristinare l‘equità e la correttezza nel mondo della Formula 1, ma il percorso legale potrebbe essere complesso e pieno di sfide. Resta da vedere se Massa, con la sua determinazione, riuscirà a far prevalere la verità e a ottenere il riconoscimento che ritiene giusto.
Il crashgate ha rappresentato un momento cruciale nella carriera di Felipe Massa e nel panorama della Formula 1, influenzando il risultato del Campionato Mondiale e sollevando interrogativi sulla lealtà e l’integrità all’interno del circus. La decisione di Massa di ricorrere ai mezzi legali per cercare giustizia mette in evidenza la persistente importanza di affrontare le controversie sportive in modo trasparente e risoluto, al fine di preservare l’integrità e la credibilità dello sport automobilistico a livello mondiale.