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Ferrari fa ricorso: cosa accade se la FIA gli dà ragione

Ferrari fa ricorso: cosa accade se la FIA gli dà ragione

Gli uomini del Cavallino non ci stanno. Alla decisione della direzione corsa di sanzionare Sebastian Vettel con 5″ di penalità, la Ferrari ha reagito con una feroce contestazione. Nei gesti — quelli di Seb a fine corsa — nelle parole — quelle di Binotto e dei tanti supporter —, nei fatti — con un ricorso ufficiale al Collegio —. Si tratta di un comportamento di netta indolenza nei riguardi di una decisione oggettivamente severa.

Il preambolo

Prima di calarci nei particolari, però, è meglio stabilire un punto essenziale: Vettel ha sbagliato. In quella terza curva del 48esimo giro è andato lungo ed è finito fuoripista. I commissari hanno ritenuto che il suo rientro in pista abbia infranto le regole di sicurezza (unsafe rejoined, re-immissione pericolosa). Stando alle indiscrezioni trapelate da Motorsport, la giuria avrebbe a disposizione filmati a circuito chiuso non trasmessi dalla rete televisiva, immagini che unitamente ai dati telemetrici hanno indotto i giudici a credere che Vettel avesse visto Hamilton nello specchietto e, dopo aver corretto il sovrasterzo, si sia mosso volontariamente verso destra per sbarrare la strada alla Mercedes.

Un caso irrisolvibile

Questa considerazione conduce a due verità manifeste. La prima è che la dinamica dibattuta rientra nel novero di quei casi in cui è difficile se non impossibile stabilire con forza assoluta dove finisca l’accidentalità del gesto e dove inizi l’intenzionalità del fallo. L’argomento di Vettel e di Binotto di “non poter far altrimenti” è tanto accettabile quanto la scelta dei commissari di ritenere Seb colpevole. Eppure la cifra più sportiva della Formula Uno è quella tribale regola aurea che in pista non si fanno sconti, col beneplacito di Bernie Ecclestone. Una F1 manchevole di quella componente selvaggia ed elettrizzante stride con il senso dello spettacolo che l’ha resa un fenomeno zu scala mondiale e un mito della cultura popolare.

Decisione avventata

La seconda verità incontrastabile è che a fronte della difficoltà nell’interpretare l’episodio, la decisione dei commissari è stata scelleratamente veloce. Notificare durante il testa a testa tra Vettel ed Hamilton la penalità è stata la cosa più sbagliata che si potesse fare, oltre il regolamento (che pure lo prevede). Un danno allo sport, all’immagine, allo spettacolo. Uno sgambetto ai tifosi, alla F1 e alla sua storia. È stato un po’ come arrestare Ettore o Achille prima del loro duello. Con la sicurezza di non poter essere staccato, Hamilton ha smesso di spingere, certo di una vittoria regalata.

Mondiale andato?

È mancata anche una visione globale di un mondiale sempre più a senso unico. Nel weekend di un ritrovato Vettel, la pena gli è costata tantissimo. In classifica piloti adesso è a -62. Senza la sanzione sarebbe a -48. Considerando la tinta argentata della stagione, un po’ di rosso avrebbe fatto bene a tutti, tifosi e non, soprattutto al termine di un weekend corso da leoni. Un altro leone, tale Nigel Mansell, ha così ruggito dal suo account twitter:

Davvero imbarazzante. Non c’è piacere a guardare questa corsa, con due campioni a guidare in modo impeccabile verso un finale falsato.

Il ricorso

La scuderia di Binotto ha presentato un ricorso ufficiale, come concesso da regolamento. I legali del Cavallino cercheranno di convincere il Collegio che Vettel sia stato indotto ad effettuare quelle precise manovre e che non ci sia, nell’andamento della SF90 numero 5, velleità di rallentare o spinger fuori pista la monoposto di Hamilton. L’obiettivo per Maranello è quello di ottenere la prima vittoria stagionale anche d’ufficio, dopo averla conquista in strada, e ribellarsi ad una FIA che sta remando verso un politically correct fin troppo post-moderno per i canoni della F1 e del suo popolo.

Foto in evidenza, crediti: F1, sito ufficiale