La sesta vittoria di Lewis Hamilton su otto round disputati ha spento l’ultima residua, volatile scintilla di un sogno Ferrari chiamato mondiale. Sia chiaro: la visione del Cavallino sul tetto del Circus era un desiderio onirico che probabilmente resisteva soltanto nei tifosi più romantici. A giudicare dalle dichiarazioni di Mattia Binotto all’indomani del GP di Spagna è facile evincere come i piani alti di Maranello avessero già realizzato l’impossibilità di giocarsela ad armi pari con Mercedes. L’idea, dopo la debaclé del Montmelò, è che la SF90 non fosse all’altezza della W10. E dopo Montecarlo, Montreal e Le Castellet, questa convinzione è ancora più forte.
Lights out ?
— Formula 1 (@F1) 23 giugno 2019
Foot to the floor ?
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Mercedes cannibale
Perchè che a Brixworth abbiano fatto un gran lavoro è fuori da ogni dubbio. Nonostante le incertezze iniziali ed un dislivello comprovato, critici e addetti ai lavori si aspettavano comunque una Ferrari competitiva su circuiti a basso carico aerodinamico, dove i cavalli in più del Cavallino potessero compensare la differenza dei valori in campo. Ma la Mercedes, dopo la prestazione al Paul Ricard, ha mostrato la fibra da cannibale: una monoposto superlativa in ogni occasione, condotta dal pilota più in forma del momento e, soprattutto, il campione che compie meno errori. Ammesso ci fosse il punto debole della variabile umana, Lewis Hamilton lo neutralizza alla grande. Assaltare una scuderia così è un arrembaggio suicida.
L’incubo diventa realtà
La Ferrari raccoglie briciole: due secondi e quattro terzi posti. Significativo il punto addizionale del giro veloce ottenuto da Sebastian Vettel nel corso dell’ultimo giro del GP di Francia. Con gomme fresche a mescola soft ha battuto di qualche millesimo il tempo di Lewis Hamilton che invece girava con mescole dure ma usurate e cotte dall’anomala usura di blistering. Numeri che informano una distanza critica tra le due monoposto. Pur volendo abbonare alla Ferrari gli episodi del Canada, con Vettel penalizzato dalla direzione corsa, e del Bahrain, che ha visto Charles Leclerc fermato da un problema tecnico ad un passo dalla vittoria, la superiorità delle Frecce Argento è schiacciante. Più in termini di adattamento alle varie condizioni di pista che alla caratteristica: le Mercedes vanno meglio ovunque, spesso non in maniera abissale ma quanto basta per concedere ad Hamilton e Bottas quel fatale decimo sul passo gara.
Ferrari, che cosa salvare?
Accantonate le velleità iridate, resta da chiedersi cosa possa salvarsi della stagione Ferrari e come ridimensionare il quadro delle aspettative. Le risposte, incredibilmente, sembrano evocare il gusto dolce di un “predestinato” che non solo sta rispettando le pesanti attese della vigilia ma sta regalando allo sport un personaggio e una personalità suggestiva, un po’ fuori moda e fuori tempo. Charles Leclerc brilla come un diamante grezzo tra le mani di un vecchio gioielliere in difficoltà. La “gavetta” in un’annata difficile è la migliore palestra per un talentuoso fenomeno come lui. Oltre le mirabili doti di guida, Charles ha ostentato un glaciale sangue freddo in situazioni-limite e allo stesso tempo una certa morbidezza nell’intrattenere relazioni con la tifoseria. La staffa del talento che, al fianco di Sebastian Vettel, non può che acuirsi. Perchè se è giusto sottolineare la fioritura di Leclerc, è sbagliato leggere le difficoltà del quattro volte campione del mondo come l’inizio di una parabola discendente. La stagione è ancora lunga e, pur mancando la possibilità concreta di vincere il mondiale, i piloti Ferrari hanno spazio, voglia, testa e cuore per regalarci e regalarsi tante piccole e grandi gioie. Per il loro presente e per il loro futuro.
Foto, crediti: F1, pagina ufficiale