Nicky Hayden non ce l’ha fatta. Le ferite rimediate nell’incidente dello scorso 17 maggio sono risultate fatali: investito da una Peugeot mentre si allenava in bicicletta, ha rimediato un trauma cerebrale che fin da subito era risultato gravissimo. I medici dell’ospedale di Rimini prima, e Cesena poi, hanno tentato l’impossibile e alla fine Nicky ha dovuto arrendersi. Il pilota era stato recentemente raggiunto dalla famiglia, pervenuta direttamente dall’America, paese in cui era nato.
Tragedia non sola
A neppure un mese dalla tragica dipartita del ciclista Michele Scarponi, il dramma si ripete. Hayden adorava la bicicletta: ne è sempre stato un patito, allenandosi sia in bici da corsa, su strada, che in mountain bike, tra le montagne. In verità si tratta di un hobby che molti piloti professionisti condividono: da Marc Marquez ai fratelli Espargaro, da Jorge Lorenzo al campione della F1 Fernando Alonso passando per Cal Crutchlow, che si allena saltuariamente con Mark Cavendish, asso del ciclismo che conta e campione del mondo 2011 nonché uno dei velocisti più forti di sempre. Una passione maledetta, a questo punto, che a molti sembrerà assurda: “Ma come si fa a morire su quelle due ruote lente quando si beffa la morte ogni domenica a bordo di quei bolidi da 300 all’ora?”. Chi si pone questa domanda non conosce il mondo del ciclismo, la sua bellezza ma anche le sue insidie e i suoi pericoli. Perchè sì, è vero che la velocità degli eroi motoristici è disumana, ma è anche vero che i protocolli di sicurezza possono contare sui freni altamente performanti, protezioni tecnologiche e sistemi elettronici vari. In bicicletta si può fare affidamento unicamente su freni meccanici – usualmente neppure a disco – e l’abilità del ciclista di condurre il mezzo. Rischi per uno e rischi per l’altro mondo.
Le parole di Crutchlow
Lo sa bene Cal Crutchlow, che così ha commentato la vicenda: “Sono andato spesso in bici con Nicky ed era un grande professionista anche in quel campo, non penso che possa avere fatto qualcosa di sbagliato. Quando sali in sella non pensi che possa succederti qualcosa, come quando vai in moto. Non penso che questo sia il momento per parlare sulla sicurezza dell’abbigliamento tecnico, del resto non abbiamo alternative. Per me la bici è una passione, mi sento libero.” Che poi continua: “Infatti i rischi arrivano dalla convivenza con gli automobilisti. A volte sono distratti, stanno parlando al telefono e non ti vedono. Andare con chi corre in bici per professione mi fa sentire più sicuro – spiega – I pericoli ci sono e sono legati agli automobilisti, ma anche noi ciclisti dobbiamo stare più attenti, rispettando la segnaletica”.
Il parere di Pedrosa
A dire la sua sull’argomento anche un laconico ma saggio Dani Pedrosa, vincitore a sorpresa dell’ultimo Gran Premio di Spagna. Il quale ammette: “L’unica soluzione sarebbe chiudersi in casa – riflette – A volte si dice che non si può fare nulla contro certi incidenti, ma forse aiuterebbe pensare a strade più larghe in modo da ridurre i pericoli. Sicuramente ci sono persone che in auto non fanno abbastanza attenzione, altri che sono ubriachi e altri ancora che non sono molto abili nella guida e non sanno gestire le situazioni di rischio.” A proposito di Nicky, peraltro: “Quando ho vinto l’ultima gara a Jerez, il primo messaggio di congratulazioni che ho ricevuto è stato il suo“.
Il debutto
Pedrosa era stato compagno di Hayden ai tempi dell’Honda, vivendo assieme a questi il titolo mondiale ottenuto dall’americano nel 2006, quando pose termine all’ininterrotto regno di Valentino Rossi, un dominio che sembrava infermabile. Nicky nacque il 30 luglio 1981 ad Owensboro, un paesino del Kentucky che conta poco più di 50mila anime. Da qui, e dall’altezza piuttosto esigua, ne è nato il soprannome che lo ha accompagnato per tutti i paddock: Kentucky Kid, il “ragazzino del Kentucky“. Condivide la città natia con la star di hollywood Johnny Depp, di cui è stato amico. Sin da piccolo s’interessa alle competizioni motoristiche, spalleggiato dal fratello – anch’egli pilota – Roger Lee. Bazzica soprattutto nei circuiti di Flat Track e di Supersport, ottenendo un ingaggio in classe MotoGP nella Honda, anno 2003. In quella stagione fu chiamato dal colosso giapponese assieme a Valentino Rossi, che poi vinse il titolo iridato. Hayden riuscì a concludere l’anno con due podi e la quinta posizione in classifica piloti. Nel 2004 bissò la performance con due terzi posti, arrivando però ottavo nella generale per via di un infortunio alla clavicola. È invece nel 2005 che Hayden riuscì a centrare il primo successo, trionfando nel circuito di casa di Laguna Seca. Due secondi posti e tre terzi posti gli consentirono di giungere terzo nel mondiale: un risultato propizio per il suo annus mirabilis, il 2006.
Il 2006 e gli ultimi anni
La stagione del suo trionfo iridato si apre alla grande: con regolarità Hayden segna nove podi e due vittorie, Assen e Laguna Seca, nelle prime undici gare. E per tredici appuntamenti è saldamente al comando della classifica piloti: a tre GP dal termine ha 51 punti di vantaggio su Valentino, a due ne ha solo 12. All’Estoril, penultima tappa, Hayden viene steso dal compagno di squadra Pedrosa che cercava di superarlo. Rossi vince e si porta al comando della generale con 8 punti di vantaggio. Il tanto atteso duello dell’ultimo Gran Premio però non avviene: Rossi, partito dalla pole, scivola in partenza ed Hayden, giunto terzo, centra il campionato del mondo, interrompendo il record di successi di Rossi in MotoGP, che dall’anno in cui questa speciale classe era nata aveva sempre conquistato l’iride. Di qui in poi Hayden non si renderà protagonista del motomondiale, conducendo stagioni particolarmente opache fino al 2009, anno in cui passerà alla Ducati e dove, invece, risulterà essenziale nella messa a punto della moto e fondamentale per la crescita della squadra al fianco di Casey Stoner. Vi rimarrà per cinque anni, prima di passare ad un team Honda privato e di abbandonare, nel 2016, la MotoGP per giungere ai lidi della Superbike. In sella al Team Honda Superbike Hayden centra il primo successo il 15 maggio 2016 sul circuito di Sepang, Gara 2. Fu chiamato un’ultima volta nel team Honda della MotoGP per sostituire un infortunato Pedrosa durante l’appuntamento stagionale di Philip Island: è l’ultima volta del Kentucky Kid in groppa a quella RC212V che l’ha reso famoso in tutto il mondo.