Valentino Rossi, che vanta ben nove titoli in carriera ma che ha la possibilità di arricchire ulteriormente il suo bottino grazie a un contratto con la Yamaha fino al 2020, rappresenta un esempio un po’ per tutti gli appassionati di MotoGp. Non può essere diversamente anche per i giovani piloti italiani che si affacciano a questo sport. Ad ammirare il pesarese sono però anche diverse leggende che hanno scritto pagine importanti nella storia delle due ruote. Tutti sembrano essere concordi: riuscire a eguagliare i suoi successi sarà tutt’altro che semplice.
L’incoronazione delle leggende
Non sono tanti i piloti entrati a pieno titolo nella storia del Motomondiale per un elevato numero di titoli conquistati, spesso in un arco di tempo ravvicinato. Tra questi c’è ad esempio Wayne Rainey, che è stato in grado di vincere tre Mondiali consecutivi in 500 con la Yamaha tra il 1990 e il 1990. A frenare i suoi successi è stato purtroppo un grave incidente in cui ha riportato la frattura della colonna vertebrale con conseguente paralisi alle gambe. È stato proprio l’americano l’ultimo a vincere con la scuderia giapponese prima di Valentino Rossi.
Lo statunitense non ha però alcun timore nell’esaltare le doti del nove volte campione del mondo, ancora competitivo a 39 anni compiuti: “La MotoGP è come sua moglie. È fantastico quello che può fare. La maggior parte delle volte ha un sorriso sul volto. Si diverte davvero, questo è fondamentale” – ha detto ai microfoni di MotoGP.com.
Non ha potuto esimersi dall’esaltare le doti del “Dottore” anche un altro ex collega che ha trionfato per tre anni di fila, Kenny Roberts (dal 1978 al 1980, anche lui in Yamaha). “Quando mi siedo sul divano e lo guardo, penso di poterlo fare facilmente anche io, ma non sono Valentino. Lui è incredibile. È bello guardarlo. Penso che nessuno voglia che si fermi. Non c’è semplicemente nessuno come Valentino Rossi. Gli altri piloti possono fare quello che vogliono. Ma c’è solo un Valentino Rossi. Non so perché lo fa ancora. Probabilmente è nel sangue. Può fare tutto questo perché è un grande pilota. Io non avrei potuto farlo“.
C’è chi come Kevin Schwantz si è imposto solo una volta con la Suzuki (1993), ma sa bene quanto sia difficile riuscire a restare competitivo anche con il passare degli anni. Lo statunitense, nel celebrare il numero 46, si è soffermato proprio su questo aspetto: “Ha trovato un modo per continuare a motivare se stesso. Per ogni fine settimana di gara. Se torni a casa dopo una stagione, vuoi rilassarti e avere tempo libero. Ma lui è un maniaco del lavoro. Dal momento che vuole correre per altri due anni, sarà anche competitivo per due anni. I miglioramenti nella sicurezza estendono le carriere dei piloti“.
Foto immagine in evidenza: Yamaha