È difficile, come non di rado accade quando s’interagisce col carisma e personaggi carismatici in generale, descrivere perchè Charles Leclerc sia così magnetico. Possiamo tentare la carta facile, invocando il viso pulito e ingenuo del ragazzo, oppure quella razionale, tirando in ballo numeri e oroscopi fino a evidenziare come nessun uomo prima di Charles abbia vinto consecutivamente, da debuttante, il titolo iridato in GP3 e poi in Formula 2. Ma anche parlare di abilità pura, in pista, di come scorra alla grande nelle curve veloci o di quanto sia marziale nel giro secco. E non è giusto neppure tralasciare l’anomala freddezza con cui affronta situazioni d’intensa pressione, fuori e dentro l’abitacolo. La verità è questa: per comprendere quali e quante carte abbia a disposizione Leclerc nel suo manico occorre passare in rassegna un mazzo che, al momento, sembra privo di un vero limite. Come è giusto e connaturato che sia per un individuo dall’età anagrafica di 20 anni.
Brutte esperienze
Figlio d’arte, ma non “figlio di papà”, per sfondare Charles si è dovuto accodare alla All Road Management, agenzia che finanzia i giovani talenti con le grandi ambizioni sotto l’egida di Nicolas Todt. Nicolas ha fin da subito puntato sul monegasco, tanto che adesso lo considera “uno di famiglia“, avendolo condotto nel 2016 alla Ferrari Driver Academy. Finora, nonostante i successi agonistici, la vita di Leclerc non è stata proprio facile: nel 2015 ha visto scomparire tragicamente il suo amico d’infanzia Jules Bianchi nel circuito di Suzuka; lo scorso anno invece ha perduto il padre Hervè. Tre giorni dopo centra la pole nel GP di Baku, maestosamente consacrato da una vittoria nel giorno successivo. “Sono andato a quel weekend senza aspettative, ma allo stesso tempo sapevo di volerlo rendere orgoglioso”, il suo commento. “Ho corso per lui, mi ha dato forte. Devo tutto a mio padre e a Jules, e dedico ogni gara e ogni vittoria a loro due.
Un radioso futuro
Al debutto sulla Alfa Romeo-Sauber, Leclerc non è stato brillante nei primi tre GP della stagione in corso. In Azerbaijan, però, ad un anno di distanza dal successo in F2, si è reso protagonista di una performance impeccabile, arrivando in sesta posizione nonostante una gara caotica e ricca di imprevisti. Grazie a questo risultato, in aggiunta ai soli due punti già racimolati dal compagno di scuderia Ericcson, la Sauber ha già raddoppiato la quota raggiunta lo scorso anno in classifica costruttori. Se Leclerc dovesse confermare questo stato di grazia in almeno altre due o tre occasioni, non sarebbe da escludere un suo passaggio in Ferrari per il prossimo anno. Raikkonen è infatti in scadenza di contratto e per il finlandese l’ipotesi più probabile è il ritiro. Lungo il cammino verso la rossa di Charles c’è però Daniel Ricciardo, che proprio a Baku ha conquistato il suo sesto GP in carriera pur partendo dalla sesta posizione. L’australiano, 28 anni sul groppone, pare abbia già intrattenuto dei rapporti a distanza con il muretto di Maranello; le trattative sono nell’aria.
Charles il predestinato
Da questo orizzonte confuso emerge con forza un dato: per qualche strana ragione, come ho già dimostrato essere non riducibile entro i termini del “Charles è forte” o “Charles è bravo“, Leclerc sembra dotato di un fascino misterioso dal gusto antico. Gode di una bellezza eroica che esalta ancor più le sue prestazioni, inducendoci per le viscere a tifare per lui. Ma è un eroe mite, basso nonostante la notevole statura di 180cm, che si manifesta rispondendo discretamente alle domande dei giornalisti o quando, giunto sesto sotto la bandiera a scacchi, si scusa per aver esultato troppo sanguignamente al Team Radio. Mancava da un pezzo un fenomeno di genuina eleganza nel Circus. Charles Leclerc incarna, per questo, la speranza più recondita di chi ama davvero la Formula Uno.