Tirando le somme, la tappa americana di Austin ha arriso alla scuderia di Maranello, riconducendo le sue due vetture al doppio podio dopo tre Gran Premi fatti di sfortune e tanta sofferenza. La presenza di Marchionne ai box è stata una motivazione in più per i tecnici a far meglio e a non sbagliare nulla: il team principal Maurizio Arrivabene ha coordinato alla perfezione il lavoro di meccanici ed ingegneri, che hanno saputo capitalizzare i pregi di una monoposto veloce e progettata bene. Una cosa però è innegabile: le immagini iniziali della corsa, con la bruciante partenza di Sebastian Vettel,capace di infilare il poleman Lewis Hamilton, hanno illuso un po’ tutti i ferraristi. Il tedesco è perfino riuscito a ricamarsi uno scarso secondo di gap, prima di subire il contro-sorpasso in curva 11 del giro 6, sigillo finale del portentoso ritorno di Hamilton. Cosa è accaduto?
Gomme, ancora loro
La risposta è una: blistering. Quel fenomeno di usura precoce degli pneumatici che abbassa di molto lo spazio di rischio – e conseguentemente le prestazioni – della monoposto. Vettel ne ha accusato fin da subito, complice la scelta di mescole ultrasoft per lo scatto dai blocchi. Era lui, in primis, il più cosciente che non ci sarebbe stata storia contro la Freccia Argento dell’inglese, come dimostrano i team radio delle prime fasi di gara. Quel che però Seb non si auspicava affatto era un GP molto più duro e sofferto del previsto, in cui è riuscito a massimizzare le prestazioni della sua Gina solamente del terzo stint, con gomme supersoft.
La gara di Vettel
“Non mi aspettavo di dove lottare tanto con gli pneumatici – ha riferito il ferrarista – soprattutto nel primo stint. Di solito accade nelle fasi finali della corsa, ma per noi la gara a quel punto era già persa. Ma prima di arrivare qui ad Austin sapevamo che questo tracciato si sarebbe sposato bene con le caratteristiche della Mercedes. Siamo arrivati qui dopo due gare deludenti, e considerando tutto credo che dobbiamo essere soddisfatti“.
La giocata sopraffina del muretto
Proprio per via del blistering accusato in partenza, Vettel è stato costretto ad una sosta anticipata, recandosi ai box al giro 16: ben due tornate prima del suo compagno di scuderia Kimi Raikkonen. Fino al giro 38 Vettel ha dovuto girare con gomme soft, con un ritmo decisamente inferiore a quello del finlandese. Seb ha inoltre segnalato un progressivo sottosterzo del veicolo, fenomeno non riscontrato nella vettura di Raikkonen, che però disponeva anche di un set-up ed elementi differenti. Kimi è stato più veloce, sorprendendo il paddock: “Sul fronte pneumatici tutto è andato bene – ha detto lo stesso– per me non sono stati un problema. La monoposto è stata competitiva per tutta la corsa“. A complicare la corsa dell’Iceman nordico, la galoppante progressione di Verstappen, forte di un set di supersoft al giro 37, mescola con cui la Red Bull aveva dimostrato già in qualifica di esprimersi alla grande. Per tamponare quest’arrembaggio il cervello della Ferrari ha dovuto modificare la tattica di Raikkonen in corsa, passando da una predefinita strategia a due soste ad un’altra con solo un pit stop.
Arrivabene soddisfatto
“La squadra ha lavorato bene – le parole a caldo di Arrivabene – sia qui ad Austin che a Maranello, reagendo alle difficoltà incontrate al venerdì durante le prove libere. La cosa più importante è che non abbiamo mai mollato, e il doppio piazzamento sul podio, anche se non è il risultato ideale, è stato ottenuto lottando fino alla fine, grazie anche ad una vettura che ha dimostrato di nuovo di essere competitiva. Così come abbiamo fatto oggi, lotteremo fino all’ultima curva dell’ultima gara“.