Vai al contenuto
Messaggio pubblicitario

F1: perchè dopo Monza Vettel e la Ferrari non sono più i favoriti al titolo mondiale

Il Gran Premio d’Italia ha confermato molte cose. Innanzitutto che Lewis Hamilton, tra alti e bassi, rimane il pilota da battere nonostante la Mercedes non sia più la monoposto egemone: il campione del mondo in carica ha sempre approfittato degli errori altrui e Monza, appuntamento in cui l’inglese ha dato spolvero a tutto il suo manico cristallino, è solo l’ultima occorrenza di una serie di episodi che parte da Baku, passa per il Montmelò, tocca l’Hungaroring. D’altro canto, ad eccezione del KO tecnico di Spielberg, nei momenti di difficoltà Hamilton si è sempre difeso con freddezza mentre gli avversari, vedi la stessa tappa austriaca, spesso non hanno saputo affondare il colpo di grazia.

Non solo Lewis

I 30 punti di vantaggio da Vettel che Lewis ha raccolto in classifica piloti sono, a 7 GP dal termine della stagione, anche la manifestazione di un muretto Mercedes che ha saputo amministrare con estrema astuzia il ruolo di seconda guida di Valtteri Bottas, sacrificato all’occasione per agevolare la punta di diamante. È un gioco di squadra che non riesce alla Ferrari, non perlomeno con gli stessi effetti: un fattore che rischia concretamente di diventare distanza fatidica, un “quid” letale per Maranello e dal sapore acidissimo. Perchè acidissimo sarebbe il gusto della sconfitta alla luce del colossale lavoro di Mattia Binotto, il vero demiurgo di questa SF71H che, indubbiamente, è la vettura più performante del lotto.

Spettri Rossi

Cina, Spagna, Francia, Austria, Germania. Cinque GP, cinque errori di Sebastian Vettel: davvero troppi per chi ambisce a laurearsi campione del mondo nella stagione più combattuta dall’avvento della motorizzazione turbo-ibrida. Sia chiaro, non si tratta di svalutare le doti di un fenomeno capace di centrare sorpassi sensazionali o di vincere con gomme letteralmente finite, di infiammare i tifosi sugli spalti con recuperi strepitosi e di crederci fino alla bandiera a scacchi. Ciò che emerge dalla prima parte di stagione è il fatto che Seb talvolta accusi cali di freddezza in momenti topici, dove invece l’autocontrollo è necessario e sufficiente per rimanere nella carreggiata iridiata. È questo il ritratto che vien fuori da Monza, quello di un Vettel “sciupone“, per dirla come al bar, incapace di ragionare in ottica generale nei passaggi più difficili, restio ad alzare il freno per farsi sfilare. Un Seb, insomma, che non sa incassare.

Non solo Seb

A tale calo non ha sicuramente gioviato la condotta dei tecnici del Cavallino, complici di qualche pasticcio ai pit-stop e tattiche non sporadicamente grossolane. La più gravosa responsabilità del team in rosso, però, oggi si è rivelata essere l‘ambigua gestione di Raikkonen. A pochi secondi dalla partenza Vettel ha cercato di superare Kimi, il quale gli ha chiuso bruscamente la porta in ben due occasioni, in curva uno e in curva quattro. Proprio quest’ultima manovra ha fatto perdere trazione alla monoposto di Seb, concedendo ampio spazio d’attacco ad un rapace Hamilton. Insomma, senza troppi giri di parole: considerata l’impossibilità per Raikkonen di ambire al titolo mondiale, il mancato ordine di squadra dal muretto Ferrari è stata la causa principale della debacle monzese. Da qui l’unica giustificazione che scruto, per quanto debole, è paventare l’ipotesi di un’ultimo “via libera” a Raikkonen prima di negargli il rinnovo, una forma elegante di TFR.

Partita doppia

La partita rimane aperta, ma la Mercedes ha una ghiotta occasione di respirare prima della volata finale, contando sulla solidità del team e un pilota in stato di grazia, che dalle sue contraddizioni emotive costruisce una costanza rassicurante di risultati. L’orizzonte più probabile è un testa a testa serrato che si consumerà fino ad Abu Dhabi, rendendo ancora più essenziale il lavoro degli scudieri finlandesi. La Ferrari può invece sicuramente far leva su di un pacchetto tecnico più prestazionale, ma deve risolvere alcuni nodi in seno alla sua visione di corsa e, magari, sperare che Seb impari ad incassare senza finire al tappeto. Come ha già peraltro dimostrato di saper fare, ma senza soluzione di continuità.