Vai al contenuto
Messaggio pubblicitario

Fatture gonfiate e sponsorizzazioni false: il nuovo scandalo della Formula Uno

Formula Uno

In attesa di tornare in pista per la prossima gara in programma a Montecarlo, la Formula Uno si trova a dover affrontare l’ennesimo scandalo. L’indagine denominata ‘Ghost Castle’ partita dall’Italia e ora allargata anche ad altri Paesi europei sta infatti mettendo in evidenza un’evasione fiscale pari a 50 milioni di euro. Tutto questo sarebbe stato reso possibile grazie a un giro di fatture gonfiate per sponsorizzazioni false nell’ambiente della Formula Uno.

Fatture gonfiate e false sponsorizzazioni

Nel mondo della Formula Uno girano certamente molti soldi, ma quanto sta emergendo in base al lavoro che sta portando avanti il pm Elio Ramondini, in collaborazione con il Finanzieri del Gruppo di Milano, ha messo in evidenza un comportamento irregolare che potrebbe essere ancora più vasto. Gli inquirenti avrebbero infatti rivelato un’evasione pari a 50 milioni di euro reso possibile grazie a una serie di fattori false relative ad alcune sponsorizzazioni gonfiate.

Parallelamente si sarebbe inoltre sviluppata un’attività di riciclaggio a livello internazionale. Il denaro sarebbe partito dall’Italia per spostarsi a Londra, fino ad approdare in Cina. Una vera e propria attività criminale messa in atto grazie all’appoggio di alcuni imprenditori cinesi. Il primo provvedimento a riguardo è già stato eseguito: l’arresto del consulente finanziario Davide Castello, iscritto all’Aire ed emigrato a Londra.

Il ruolo delle aziende italiane

Il giro di denaro sarebbe decisamene ampio. Ben sette società italiane, con sede a Milano e Roma, sarebbero state parte integrante dell’organizzazione. Proprio queste realtà si sarebbero occupate di emettere fatture per operazioni inesistenti nel settore delle sponsorizzazioni sportive.

Tutto era organizzato nei minimi dettagli. L’importo indicato nella fattura falsa veniva infatti pagato integralmente grazie all’intervento dell’impresa beneficiaria. L’addebito avveniva sul conto corrente aziendale, per poi trasferire su rapporti bancari inglesi, intestati a imprese con sede a Londra. Castello aveva proprio il compito di impedire che si scoprisse la reale origine del denaro. Era poi lui stesso a spostare le somme su conti correnti intestati a società con sede in Cina, operanti nel settore del commercio internazionale. A quel punto i rappresentanti delle imprese cinesi hanno autorizzato i propri connazionali in Italia (titolari a loro volta di micro-aziende sparse tra Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto) a consegnare il denaro contante, raccolto all’interno della propria comunità, nelle mani degli indagati di nazionalità italiana.

 

Foto immagine in evidenza: La Legge per Tutti