Robert Kubica rappresenta un grande rimpianto per diversi appassionati di Formula Uno. La sua carriera è stata infatti costellata da momenti esaltanti, ma anche da altri più complicati. Impossibile non ricordare una data simbolo che difficilmente potrà dimenticare: 6 febbraio 2011, il giorno in cui venne coinvolto in un terribile incidente al Rally di Andora. Il pilota rischiò di perdere la mano, mentre la gamba gli è stata riattaccata dai chirurghi. Solo ora ha deciso di rivelare di essere stato in quel periodo a un passo dalla Ferrari.
Un sogno sfumato sul più bello
Più volte in passato si era parlato di un possibile approdo di Robert Kubica alla Ferrari, ma il pilota non lo aveva mai ammesso chiaramente. Questa volta invece ha deciso di svelare quanto sia stato vicino a mettersi al volante della “Rossa”. Il polacco avrebbe avuto la possibilità di affiancare Fernando Alonso nel 2012: “Sono stato a un passo dal guidare la Ferrari. Nel 2012 avrei corso per loro, ma non so se Alonso lo sapesse a quel tempo” – ha detto al sito ufficiale della Formula Uno.
Il team italiano e Robert si erano accordati su tutto e con largo anticipo, nonostante ciò avrebbe dovuto comportargli una riduzione di stipendio rispetto alla Renault. Non essere riuscito a realizzare tutti quelli che erano i suoi sogni non può quindi che lasciargli un senso di rimpianto: “Solitamente il primo obiettivo è quello di entrare in F1 – continua -, successivamente si punta a stabilizzarsi in modo da acquisire valore e una buona reputazione, il che è ancora più complicato. Il terzo passo è diventare campioni del mondo o piloti Ferrari. Alla fine io non ho ottenuto né l’uno, né l’altro, ma ci sono andato vicino, il che mi fa soffrire ancora di più”.
Una passione sfrenata per il rally
In questo salto indietro nel tempo Kubica non può tornare a quel 6 febbraio che ha cambiato il suo destino. I rally erano però un richiamo irresistibile: “Quando ero piccolo non pensavo di diventare un pilota di Formula 1, pensavo solo di diventare più veloce che potessi – ha raccontato il polacco -. In quel momento stavo cercando qualcosa al di fuori del Circus, qualcosa che mi rendesse un pilota di Formula 1 migliore. Stavo cercando di imparare cose che gli altri piloti non sapessero e penso ancora oggi che nel 2010 fui in grado di conquistare più punti proprio grazie all’esperienza nei rally. Chi può sapere e capire di cosa ha un pilota ha bisogno, è solo il pilota stesso. È vero che ho pagato un prezzo molto alto, ma non era solo per divertirmi. C’era molto di più dietro. Il desiderio di diventare un pilota migliore e più completo e di imparare qualcosa che gli altri non sapessero. Non ero contento del livello che avevo raggiunto, avevo bisogno di qualcosa in più. E i rally mi davano tutto ciò”.
Riprendersi è stato però tutt’altro che semplice: “La mia convalescenza è stata talmente dura in sé che per i primi 16-18 mesi non riuscivo a pensare ad altro che al recupero fisico. Lottavo ed ero concentrato. È stato un periodo difficilissimo. Più il tempo passava, più le speranze di risolvere la situazione si affievolivano, inoltre alcune operazioni non sono andate bene e invece di progredire peggioravo. È stato doloroso stare a casa sapendo che avrei potuto gareggiare per la Rossa“.
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