Gli anni ’90 non sono stati uno dei periodi più felici per la storia della Ferrari, alle prese con la lotta per conquistare un titolo piloti che mancava dal 1979, mentre l’ultimo Mondiale costruttori era arrivato nel 1983. Chi oggi non è giovanissimo non può dimenticare l’accoppiata formata da Michael Schumacher ed Eddie Irvine con il tedesco che aveva il ruolo di primo pilota, mentre il collega avrebbe dovuto supportarlo quando necessario. Il 1999 avrebbe però potuto essere il momento della svolta per l’irlandese, chiamato a sostituire Schumi in seguito a un incidente a Silverstone che lo avrebbe costretto a saltare alcune gare. Non tutto è andato come avrebbe voluto, ma a distanza di tempo qualche recriminazione non può essere accantonata così facilmente.
Una grande occasione mancata
Riuscire a convivere all’interno della stessa scuderia non è sempre semplice, ma a volte basta poco per sconvolgere gli equilibri. Il ruolo più difficile spesso spetta proprio a chi deve fare da secondo pilota, chiamato a dover spalleggiare il collega quando la classifica lo richiede e ad accettare di godere di meno attenzione da parte di media e addetti ai lavori.
Ne sa qualcosa anche Eddie Irvine, rimasto alla Ferrari dal 1996 al 1999, in uno dei periodi meno fortunati per la scuderia che aveva deciso di puntare forte su Michael Schumacher. Proprio nell’ultima annata l’irlandese si è trovato a vivere quella che avrebbe potuto essere la “sliding door” della sua carriera: sostituire per qualche gara il tedesco, coinvolto in un incidente a Silverstone.
Il britannico è stato a un passo dal titolo, mancato per soli due punti. A distanza di tempo, però, lui pensa che forse le cose sarebbero potute andare diversamente: “Il team smise di sviluppare la monoposto con l’infortunio di Schumi, in quanto erano basse le possibilità di vincere quel campionato – ha detto ai microfoni della BBC -. Schumacher assorbiva tutte le energie del team e se avessi avuto un altro compagno di squadra sarebbe stato molto meglio per me. Se avessi avuto al mio fianco Berger o Alesi, penso che li avrei potuti battere, ma guidare per la Ferrari è come stare in un altro mondo. Non avete idea del livello che si raggiunge. Non sei più solo uno sportivo, ma diventi come una rockstar. È incredibile il potere che ti dà l’associazione con il nome Ferrari. Anche adesso, quando vengo in Italia, ancora mangio e bevo gratis in parecchi posti”.
Nessuna citazione per Mika Hakkinen, uno degli avversari più forti di quel periodo. Anche a distanza di tempo Eddie non sembra avere dubbi: “A parte Schumacher non c’erano altri migliori di me, Schumi apparteneva a un altro mondo”
Una strategia non del tutto corretta?
Insomma, la Ferrari non avrebbe mostrato di credere ciecamente nelle doti di Irvine. Ma lui stesso forse si sarebbe comportato allo stesso modo: “Dovevano prendere una decisione aziendale molto chiara e si chiesero: ‘Irvine può vincere al volante della Ferrari del 1999?’ Tutti avrebbero detto di no, incluso me, perché quell’anno la McLaren era un secondo al giro più veloce della nostra macchina. Sapevano che Michael sarebbe tornato nella stagione successiva (rientrò in Malesia al penultimo gran premio ndr), perciò la cosa aveva totalmente senso. Certo, sarebbe stato bello diventare campione del mondo, ma ci sono piloti che hanno vinto il titolo e dei quali sapevo di essere più bravo. Poi ce ne sono altri, che a loro volta non hanno mai conquistato il Mondiale, che erano anche migliori di me. Ma la mia vita va decisamente bene così e non posso assolutamente lamentarmi” – ha concluso.
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