L’urlo più selvaggio
Gran Premio del Brasile, 1991. Nel 1990 Senna ottenne il suo secondo titolo mondiale con una certa facilità, considerando il fatto che Prost, passato in Ferrari, non poteva maneggiare una macchina molto competitiva. Il 1991 si apre con la stessa overture: al debutto Ayrton vince. Ma è nel secondo round che si consuma la vittoria più suggestiva e memorabile di tutta la sua carriera. Si corre a casa, nel tracciato di Interlagos su cui ha compiuto i primi passi del motorsport, mai dominato nella classe regina. Parte in pole, scatta bene, è velocissimo: l’unico che poteva impensierirlo, un redivivo Mansell, deve fermarsi per un guasto tecnico. Ma qualcosa va storto. A dieci giri dalla fine si rompe il cambio della sua McLaren MP4/6 ed Ayrton è costretto a girare utilizzando esclusivamente la sesta marcia. Un pilota qualsiasi avrebbe preferito ritirarsi, ma Senna non molla.
Con uno sforzo sovraumano che ha del miracoloso, il beniamino di casa riesce a tenere Riccardo Patrese a distanza, tagliando il traguardo con una manciata di secondi di vantaggio. Sugli spalti i tifosi si scatenano, mentre Senna, dall’abitacolo, lancia un grido che è un urlo confuso di gioia, dolore, liberazione e passione nel senso più puro del termine. Il calvario del Campeao culmina nel migliore dei modi. Ma lui, da vero eroe, è andato oltre: la premiazione tarda ad arrivare perchè Senna nel frattempo è così stremato da avere rantoli di febbre, spasmi su tutto il corpo e piaghe alle mani. Salirà sul gradino più alto ancora scioccato e provato dal suo immenso gesto sportivo.