Quattro titoli mondiali, con due secondi posti – il 2007 e il 2016 – che puzzano ancora di smacco, 62 gran premi vinti e “solo” 32 anni sul groppone: è il palmares del pilota di Formula Uno che ha conquistato più pole position nella storia, è il rullino di successi di un personaggio e di una personalità, di un talento cristallino e di un uomo tanto amato quanto odiato. Lewis Hamilton si è da poco laureato campione del mondo, ma il focus della stampa di settore non fa che rivolgersi al futuro, con gli occhi ricolmi d’ingordigia che fissano i due muri che l’inglese ha davanti: Juan Manuel Fangio, a quota cinque titoli, e Micheal Schumacher, a quota sette.
“Può battere Schumi”
“Credo che i record di Micheal (i 7 mondiali e i 91 gp vinti, ndr) siano alla portata di Lewis“, ha tuonato Ross Brawn, uno che con Schumi ci ha condiviso tanto. “Allora non credevo che qualcuno potesse insidiare Schumi, ma se guardiamo a che livelli è arrivato Hamilto. In Messico ha vissuto una domenica difficile, ma per il resto è stato sempre eccezionale nel corso di questa stagione“: con il quarto mondiale Hamilton ha superato Senna e ha eguagliato Sebastian Vettel, il rivale di questa stagione tagliato fuori dall’affidabilità della sua Ferrari.
I primi passi
“Mi piacerebbe iniziare ringraziando la mia squadra e tutto coloro che mi hanno aiutato a vincere il quarto titolo“, ha riferito Hamilton in una conferenza stampa ufficiale. Fuori il pilota freddo e marziale, dentro l’uomo caldo ed emotivo. “Sono stato scelto da Mercedes e McLaren quando avevo 13 anni, e voglio cogliere l’occasione per ricordare gli anni eccezionali che ho vissuto con la mia prima squadra di Formula 1. È stato un periodo che avrà sempre un posto speciale nel mio cuore. Quando incontrai Ron(Dennis avevo 10 anni, e gli dissi che un giorni avrei voluto essere campione del Mondo con una sua monoposto. Mi diede un’opportunità, ed ovunque sia oggi, ci tengo a dirgli che gli sarò sempre grato. Poi sono arrivato in Mercedes, una decisone che è sembrata una scommessa, ma dentro di me sapevo che stavo facendo la cosa giusta. Anche se i primi tempi non sono stati facili, ero certo che saremmo arrivati al successo. Può sembrare strano, ma sono sempre stato convinto che sarebbero arrivati giorni come quello di domenica. Ho visto la squadra crescere, grazie alla spinta di un gruppo di responsabili che crede in questo progetto al cento per cento. Devo ringraziare Stoccarda, i ragazzi di Brackley e Brixworth“.
Il pugno sul naso
L’inglese ha poi continuato: “Questa settimana ho ripensato alle mie origini, a quando crescevo a Stevenage sognando un giorno di diventare un pilota di Formula 1. Essere dove sono oggi è molto al di là di ciò che sognavo, quattro volte campione del Mondo era impossibile da immaginare. Durante la gara ho ripensato a quando mio padre una volta mi mise in un ring di boxe, e il mio avversario mi tirò un pugno facendomi sanguinare il naso. Non volevo risalire sul quel ring, e oggi ho rivissuto una sensazione simile alla curva 3: avevo una foratura, avrei potuto tornare ai box e rinunciare alla gara, ma mi sono ricordato quel momento e mi son detto ‘non ho intenzione di rinunciare’, continuerò a spingere, anche se sono 40 secondi dietro, continuerò a dare tutto, per essere orgoglioso di ciò che ho fatto quando attraverserò il traguardo. E orgoglioso di me stesso.”
Nuove difficoltà
“Quando si attraversano periodi particolarmente difficili o decisamente buoni, può capitare di interrogarsi su quanto valga la pena investire energie per raggiungere un certo obiettivo. È meglio rinunciare, cambiare direzione o insistere? Se poi la vita ti porta a raggiugere quanto sperato, solo allora ti rendi conto se ne è valsa o meno la pena. Quest’anno mi sono preparato da solo, andando contro molte opinioni. ‘Nessuno può prepararsi da solo’, penseranno in tanti, per di più viaggiando in tutto il mondo come sto facendo. In verità devi trovare la tua strada, senza lasciarti condizionare, credere nelle tue convinzioni. Poi quando arrivano giornate come questa, in cui vinci un campionato davanti a così tanta gente, ne esci rafforzato. Credi sempre di più in te stesso, e allo stesso tempo consolidi il legame con le persone che credono in te.”
Un po’ di cabala e il numero 44
“Il 44 è il mio numero magico, ed il 4 ne fa parte, quindi celebro il quarto titolo anche sulla mia macchina. È un traguardo incredibile, e mi chiedo cosa stiano pensando i miei ex compagni di scuola. Ho ripensato anche ad un paio di insegnanti che mi avevano detto ‘tu non concluderai nulla nella vita”, chissà se mi stanno osservando ora, o se leggeranno il mio nome sui giornali: cosa diranno? Magari penseranno di aver ‘aiutato quel ragazzo’, o magari diranno: ‘sai una cosa? Mi pento di aver detto quelle cose, e ho imparato qualcosa’. Spero davvero che i bambini che oggi sono a scuola vengano incoraggiati e supportati, non demoralizzati. Spero che il mio quarto titolo Mondiale, il quarto di un Campione del mondo di Stevenage, possa dimostrare che puoi riuscire a fare qualcosa anche arrivando dalla base“.