La relazione di Jorge Lorenzo con la Ducati ha da sempre avuto le caratteristiche di una storia sentimentale tribolata e priva di una valida, concreta, costruttiva comunicazione. Sin dal suo arrivo nel team di Borgo Panigale, nel 2017, il maiorchino si è continuamente lamentato di un costruttore incapace di ascoltarlo e di una moto problematica, vuoi per prestazione vuoi per ergonomia. In due stagioni Lorenzo ha raccolto pochissimo: due terzi ed un secondo posto; ma in compenso si è ritirato in cinque occasioni, finendo per sette volte fuori dalla top ten. E ha parlato molto, troppo. Spesso scadendo nel polemico e tavolta nel patetico. Alla luce degli ultimi risultati, l’addio è quasi certo.
Poca umiltà
Che il Porfuera abbia doti di guida fuori dalla media non è in discussione, sia chiaro. Tuttavia abbiamo davanti agli occhi una cruda verità: Jorge ha dimostrato poca umiltà e una cattiva capacità di adattamento alla situazione e alle circostanze, aggravando la sua responsabilità con dichiarazioni dai risvolti infantili. “Tutti nel paddock sanno che con una moto competitiva posso fare la differenza” ha ribadito dopo Le Mans, ennesimo fallimento della sua strategia suicida: partire a tutta e spingere al limite. Il risultato è sempre il medesimo: calo rovinoso a metà gara e giù dal podio. In Francia è arrivato sesto, surclassato dalle Ducati non ufficiali di Petrucci e Miller.
Botta e risposta
La fine del rapporto tra Ducati e Lorenzo passa proprio per il Gran Premio di Francia, dove indiscutibilmente la Rossa era la moto migliore assieme alla Honda. Quando in conferenza stampa notificano al numero 99 l’inadeguatezza della sua tattica di corsa, lui risponde a tono, perfino alterato: “Non è una questione di tattica: quando riuscirò a migliorare alcuni aspetti, invece di stare al comando per solo nove giri, come è successo qui e a Jerez, ci riuscirò fino alla bandiera a scacchi. Per migliorare quegli aspetti, però, la Ducati mi deve credere, anche se adesso è complicato che mi credano. Ma è così“. Non è chiaro però su quali basi la Ducati dovrebbe credere a Lorenzo, considerando le tangibili contraddizioni in cui questo incorre quando il sabato sera ammette di essere “prontissimo fisicamente” salvo poi dichiarare, al termine della gara, che “la moto ha una grande accelerazione ed è stabile in frenata, ma quando cala il grip dobbiamo rallentare tanto in percorrenza” per cui “per essere veloce devo usare troppa energia e dopo sei o sette giri, perdo forza e il cervello non è più lucido“.
L’ombra del ritiro
Il fatto che Jorge non si metta in discussione gli potrebbe costare molto caro. Quando nel 2012 Valentino Rossi, dopo la catastrofica esperienza Ducati, ritornò in contatto con la Yamaha, non avanzò pretese di sorta, preoccupandosi di ottenere unicamente una moto disponibile per il 2013. Anzi, il Dottore si prestò ad iniziative mai precedentemente perpetrate, come l’obbligo di eventi pubblicitari di routine in Giappone e in Thailandia. Ecco, Lorenzo invece sembra aver fatto grandi richieste a Suzuki, richiedendo un cachet ricchissimo e fin troppo oneroso per la scuderia di Hamamatsu. Con l’addio in Ducati che sembra soltanto questione di tempo, e la Suzuki di risposta pronta a confermare Iannone, Lorenzo sta realmente rischiando di finire fuori dalla MotoGP. Per sua, sola ed unica responsabilità.