Si sono dati battaglia nei meandri di un quadro romantico, tra pioggia, scrosci d’acqua e quel terzo incomodo che ad un certo punto nulla ha potuto contro quei fendenti. Stiamo parlando di piloti, di Marc Marquez e Andrea Dovizioso, ma anche di samurai, considerando che qui in Giappone il paragone è d’obbligo e il contesto da tregenda lo suggeriva con poca discrezione. Lì, quasi al termine del mondo, quei due hanno danzato sui confini dello sport suscitando la nostalgia di un’idea perfetta, il richiamo a qualcosa di persosi in un tempo lontanissimo o forse nel nostro stomaco. Si è trattato di un duello epico, destinato a finire in qualche manuale e di sicuro già sigillato nel cuore degli appassionati, indipendentemente da tifo e simpatie.
Annali e MotoGP
Ha vinto Dovizioso, che quasi ci ha fatto dimenticare di esser partito nono, tenendo viva la lotta mondiale che perde Vinales. Ha vinto anche Marquez, pur arrivando secondo, perchè ha dimostrato di essere il pilota più forte su ogni tracciato e in ogni condizione, il cannibale di questa generazione piegato unicamente da chi ha davvero incorniciato la gara della vita. Ha vinto anche Danilo Petrucci, da subalterno, che montava dei freni al carbonio per nulla adatti a quell’asfalto così bagnato, perché ci ha fatto chiedere cosa ne sarebbe di lui con una moto ufficiale. Ha vinto lo stato dell’arte dello sport, come accade con rarità.
La fuga di Petrux
Ai blocchi di partenza Marquez si lancia con prepotenza all’attacco, agguantando la testa della corsa per le prime due curve prima di essere infilato dal solito, straordinario Petrucci. Il mago della pioggia conferma le sue abilità, sorprendendo i rivali fino a mettere 1’8″ tra sé e i suoi diretti inseguitori. Nella bolgia iniziale scattano bene anche Dovizioso, quinto alla prima tornata, e Valentino Rossi, ottavo al terzo giro. Petrux ha provato ad imporre il suo forsennato ritmo, conducendo la gara per i primi due terzi della sua durata.
Deludente Yamaha
Al giro 6 Valentino scivola, rialzandosi subito dopo senza alcuna conseguenza. Era in crescendo e stava recuperando, ma la cruda realtà è che su questa pista, in queste condizioni, la Yamaha non è riuscita ad esprimersi come invece un team che aspira all’iride dovrebbe fare. La gara di Vinales è uno strazio pianificato, la notte di un prigioniero condannato a morte prima della sua esecuzione. Finisce nono, uscendo definitivamente fuori dai giochi iridati.
Gestione della corsa
Petrucci, Marquez, Dovizioso: questo il tandem che si è fatto fin da subito largo nelle acque nipponiche, staccando di misura il resto del plotone. A metà gara Petrucci dava l’impressione di potercela fare, con un vantaggio dai due di coda che oscillava tra il mezzo secondo e gli otto decimi; nello stesso frangente il Dovi aveva dato la parvenza di non sopportare il ritmo del Petrux e del Cabronçito, fluttuando a 1.1″ dalla Honda che lo precedeva. Il soprannome del forlivese non è però a caso “Il professore” per la sua oculata ed efficace gestione della corsa, spesso sorprendente ed esplosiva nelle ultime fasi. Se poi il talento è supportato da un dispositivo originale del team Ducati che gli consente di monitorare costantemente l’usura delle gomme, l’equazione è presto fatta.
Molla Petrucci, rinviene Marquez
Ai -12 Petrucci non ne ha più, complice anche la mescola soft che ha selezionato per i suoi pneumatici. Passa Marquez, passa Dovizioso e lo lasciano lì, a naufragare in solitaria. E qui inizia il vero e proprio duello. Lo spagnolo piazza giù un giro veloce e allunga a +0.7″, il ducatista risponde dopo un paio di settori ricolmando il gap. Riportatosi in scia del numero 93, il Dovi prende le misure e appronta una fase di studio mirata anche a dilatare i tempi di corsa. Ai -5 Dovizioso compie un sorpasso splendido con una staccata imperiosa ed elegante, tagliando fuori Marquez dall’esterno che perde subito terreno e si ritrova al giro successivo con un ritardo di ben otto decimi. Ma lo spagnolo campione del mondo in carica è un mastino: testa bassa, tanti rischi e pedalare. E in men che non si dica a tre giri dalla bandiera a scacchi i due sono di nuovo assieme.
L’epilogo
Gli ultimi due giri sono un concentrato di adrenalina unico e singolare. Alla penultima tornata Marquez riesce a beffare Dovizioso, il quale risponde immediatamente ma poi deve cedere alla controffensiva. Per usare un termine caro a Guido Meda, i due fanno letteralmente a sportellate. L’ultimo giro vede in testa lo spagnolo, con il Dovi che riesce però a tirar fuori una staccata impossibile dal cilindro magico e a resistere – sfiorando il contatto – al ritorno di Marquez sul rettilineo finale. Tre gare alla fine, e in classifica piloti tra Marquez e Dovizioso ci sono soltanto undici punti. Mica male.