Tra i numerosi nomi pubblicati dall’International Consortium of Investigative Journalists e coinvolti nello scandalo Paradise Papers, sembra esserci anche quello di Lewis Hamilton. Il quattro volte iridato si sarebbe infatti servito di una transazione off-shore (società registrate in base alle leggi di uno stato estero, ma che conducono la loro attività al di fuori dello Stato, riducendo al minimo quindi l’imposizione delle imposte, NdR) per acquistare il suo jet privato, il Bombardier CL635 Challenger rosso. Ciò sarebbe avvenuto attraverso uno schema fiscale a “rimbalzo” che avrebbe quindi permesso di aggirare il fisco.
Hamilton: è evasione fiscale?
Tale spesa, ben 22 milioni di euro, sarebbe stata effettuata nel 2013 senza tuttavia il versamento di 3,7 milioni di euro di IVA. Come è possibile? Secondo ciò che è trapelato dai registri, il jet non risulterebbe di proprietà del campione della Mercedes ma di una società delle isole Vergini che avrebbe affittato il velivolo a un’altra società sull’isola di Man (“celebre” per essere il paradiso fiscale per comprare aerei di lusso), in Irlanda, affittuaria, infine, di Hamilton. Un passaggio intricato che avrebbe insospettito e che ha fatto poi rientrare il nome del pilota nei 13 milioni e 400mila documenti del Paradise Papers.
La difesa di Hamilton
I legali di Hamilton sono subito scesi in campo, dichiarando che il britannico non sia effettivamente coinvolto nello scandalo. Il jet infatti non sarebbe di proprietà effettiva del pilota ma solo in affitto, permettendo quindi il vantaggio fiscale di cui avrebbe usufruito, grazie alla formula di locazione.