Leclerc è il futuro, ma quant’è difficile dire addio a Kimi Raikkonen?

Leclerc è il futuro, ma quant’è difficile dire addio a Kimi Raikkonen?

È rimasto lì, quattro anni. Una roccia fredda come quelle finlandesi a prova di vento, pioggia, burrasca. Quelle che brillano al sole forte d’agosto e si mimetizzano col maltempo. Per molti un pezzo di terra inerte nel sedile della monoposto rossa, per altri un pigro e smemorato fenomeno dagli occhi di ghiaccio, la mina vagante di un Circus che ha perduto i suoi istrioni. Per altri ancora Kimi Raikkonen era, è stato ed è un predestinato. L’esaltazione dannatamente fuori moda di un pilota sottile che rifugge l’immagine nella Formula Uno più immaginifica di sempre. Passaggio beffardo: il tempo si esaurisce, la pietra si sgretola e un altro predestinato — Charles Leclerc — si appresta a sostituire la generazione che fu. D’improvviso il popolo di Maranello, perlomeno una parte, si accorge di non essere pronto a picconare quel marmo nordico. Non in questi termini, non a questo modo, nella stagione di grazia.

Bwoah!

Kimi Raikkonen è un uomo sottile. Una testa tirata fuori da qualche film di Tarantino, scegliete un po’ voi quale, che alla funzione di persona fredda, schiva, apatica fa corrispondere il contenuto emotivo, sensibile, umano. Tra un gelato a stecca e un “bwoah“, l’Iceman c’è sempre stato per la Ferrari, ma non si può dire il contrario. Da quando il figliol prodigo ha fatto ritorno dopo le scorribande in fuoristrada e la parentesi Lotus, Kimi ha lavorato con la dedizione dello stakanovista. Operaio piuttosto che principe, padre di tanti setup vincenti, occhio tecnico e fedele della Scuderia completamente al servizio del centravanti d’occasione. Alonso prima, Vettel poi, compagno per caso di un Cavallino nuovamente rampante.

La forza del talento

Se insomma è discutibile il bottino che il secondo Raikkonen ha ottenuto negli ultimi tempi — eccezion fatta per la buona stagione in corso — non lo è il contributo che il finlandese ha prestato dal retro delle quinte, come non lo è la lunga lista delle sue doti in pista. Kimi è anzitutto un talento poliedrico, ingaggiato in Sauber praticamente al buio e protagonista non solo della massima serie a ruote scoperte ma anche del Rally e NASCAR. È dotato di una guida morbida ed elegante, impegnata da sempre a sfruttare ogni centimetro disponibile d’asfalto attraverso l’affinità elettiva con il sovrasterzo. Ma soprattutto: la sintonia che Raikkonen ha innervato con i ferraristi ha del singolare, paragonabile ad un Villeneuve per trovare un confronto calzante. Vedi il boato di Monza nel giorno di una impossibile pole position.

Monza indigesta

Curioso che proprio a Monza, una data cerchiata di rosso quattro volte almeno, sia stato inaugurato e in malo modo l’ultimo movimento dell’accordo italo-finnico, un patto d’acciaio che aveva resistito alle altissime tensioni, piegato adesso solo dal cristallino talento di Leclerc. La condotta di Kimi nel Gran Premio di casa è parsa una fuga solitaria dalla delusione. La delusione di un pilota 39enne privato di un orizzonte stimolante proprio nel momento in cui il raggio luminoso della vittoria, quel successo che manca da quattro anni, aveva attraversato la finestra di una casa buia e scombussolata, Maranello. Le lacrime della bella Minttu, di sabato, avevano il gusto dell’addio. I saluti sul podio lo hanno confermato. Sgradevole anche assistere a come le circostanze abbiano fatto esplodere quella strana ma idilliaca coppia, Seb e Kimi, di come forse non se ne sono mai viste in casa Ferrari.

La scommessa di Marchionne

La brigata rossa ha deciso di puntare sul nuovo, comprimendo i tempi naturali di gestazione di un campione. Leclerc è un genio, ma le sue ossa immature reggeranno la gravità zero di un ambiente fatidico, tagliente, pesante come quello di Maranello? L’annuncio tarda ad arrivare: escludendo la puntuale gaffe di qualcuno, però, si tratta solo di pazientare. Quel che certo è che per le sette gare residue toccherà sintonizzarci sul canale radio della monoposto numero 7 a caccia di quelle che saranno con tutta probabilità le ultime parole famose di una leggenda della Formula Uno. Non vorremo mica perderci lo show? Näkemiin Kimi.