Sono ormai passati poco più di tre anni dal gravissimo incidente sugli sci accaduto a Michael Schumacher, ma le informazioni aggiornate sul suo stato di salute restano pochissime. La famiglia, che non lo ha mai lasciato solo, tiene infatti particolarmente alla privacy e vuole proteggerlo il più possibile. I giornali si sono comunque spesso sfidati a suon di scoop, a volte anche con titoli clamorosi. Ora, però, è arrivata una pesante condanna per Bunte, rivista tedesca che nel 2015 aveva diffuso notizie false sulle condizioni dell’ex pilota Ferrari.
Schumacher: la corsa all’ultimo scoop
Vendere copie è certamente uno degli imperativi principali per gli editori, ma per ottenere l’obiettivo non si deve calpestare la dignità delle persone. Non è certamente quello che ha fatto Bunte, rivista tedesca che a dicembre 2015 aveva titolato in prima pagina di un recupero “miracoloso” di Michael Schumacher.
Il tedesco quasi due anni prima era rimasto vittima di un incidente sugli sci che lo aveva reso immobilizzato a letto. Secondo il giornale, però, aveva ripreso improvvisamente a camminare in modo autonomo. Una notizia falsa che non aveva certamente fatto piacere alla famiglia del campione, che non ama il sensazionalismo, soprattutto se non corrispondente alla verità. La moglie Corinna aveva così deciso di citare in giudizio la testata.
La vittoria in Tribunale
A distanza di quasi due anni dalla pubblicazione della falsa notizia la famiglia Schumacher ha vinto. Il Tribunale di Amburgo ha infatti condannato la rivista al pagamento di un risarcimento di 50mila euro. Il giornale dovrà sostenere anche il 65% delle spese processuali e versare 950 euro per una multa aggiuntiva.
A spiegare le motivazioni che hanno spinto i giudici alla decisione è il quotidiano Frankfurter Allgemeine.Un portavoce del Tribunale è partito da un assunto importante: il campione oggi non può camminare, quindi senza ombra di dubbio non poteva farlo neanche ai tempi dell’articolo. A Bunte è stata comunque concessa un’attenuante: il giudice ha ritenuto che il falso scoop fosse dovuto a una fonte non attendibile. Proprio per questo il risarcimento concesso è inferiore a quanto richiesto inizialmente dai parenti dell’ex Ferrarista: 100 mila euro.