Nove titoli mondiali, 365 gare disputate, 115 GP vinti, 227 podi, 5.875 punti ottenuti in carriera, 64 pole position, 95 giri veloci. La somma delle parti di questo stratosferico palmares non è uguale al tutto: Valentino Rossi va oltre i numeri, i risultati, i tempi e, per il momento, anche il tempo stesso. A 39 anni il Dottore è un mito. Travalica le motociclette, supera lo sport, Rossi è un fenomeno di portata mondiale. Eppure la sua carta d’identità invecchia: il peso degli anni si fa sentire, nonostante, stagione dopo stagione, la star del paddock sia sempre lui. Ma cosa ne sarà di questo centro di gravità nel futuro?
Gli stimoli
Sono passati nove anni da quando Valentino si è laureato per la nona ed ultima volta campione del mondo. Nove anni di alti – ben tre amari secondi posti nelle ultime quattro stagioni – e bassi – la tormentata e grottesca parentesi in Ducati nel biennio 2011/2012 – che dimostrano un obiettivo nascosto tra le righe degli eventi: Rossi punta al decimo titolo. Un fatto a dire il vero neppur tanto nascosto, considerando l’esplicita frase dell’amico-manager Uccio: “Vogliamo che quando avremo 50 anni e andremo a letto potremo dire ‘Come è bello aver vinto 10 titoli‘”. Gli stimoli non mancano, insomma. Nella scorsa stagione, funestata dal grave infortunio, Vale ha dimostrato che la grinta è quella dei tempi d’oro, se non rinnovata, attraverso un recupero record ed il suo comportamento in pista. “Continuerò a correre fin quando sarò competitivo“, ha più volte rivelato. Eppure, giunti a questo punto, all’indomani degli “-anta“, non è doveroso scartare l’ipotesi di un ritiro immediato al prossimo ipotetico ed eventuale titolo, tanto per uscirsene da vincitori in un ambiente che di anno in anno diventa sempre più agonistico.
Dopo la MotoGP
Numerose e suggestive le teorie che cercano di indovinare cosa farà Valentino Rossi una volta sceso dalla moto. Le più fantasiose lo vedono al volante di una Ferrari monoposto, a scaldare un po’ il clima formale della F1. Ma c’è chi, come il decano Carlo Pernat, sostiene che il mondo della leggenda di Tavullia si limiti alle due ruote. “Il suo business sono le moto” dice. “Non ha creato a caso la VR46, il suo mondo è quello lì. Finché ce la fa a correre correrà fino all’ultima goccia. Poi gestirà anche la MotoGP perché la VR46 farà Moto3, Moto2 e, quando lui smetterà, ha già un accordo con la Yamaha per fare anche la MotoGP: sarà una enorme scuderia con l’obiettivo di vincere. Valentino fuori dalle moto non esiste e, secondo me anche quella con la Ferrari in passato è stata una trovata pubblicitaria“. Di diverso avviso invece lo stesso Uccio, per cui “probabilmente correrà con le automobili, forse nei rally. O magari nella GT, che gli piace. Non me lo vedo che rimanere in questo mondo per fare qualcosa di simile a Gresini o Cecchinello. Magari in America, con le Nascar. Abbiamo già fatto alcune prove e andiamo fortissimo“.
Il rinnovo
Carte alla mano, il contratto di Valentino con la Yamaha scadrebbe a termine del 2018. Ma tre giorni fa, durante la conferenza stampa a seguito del primo giorno di test a Doha, Rossi ha rotto gli indugi: “Probabilmente correrò fino al 2020“. Una frase che si situa all’interno del dibattito riguardo al possibile debutto del team gestito da Vale, il VR46, nella classe regina, che a quanto pare verrà ritardato di qualche anno rispetto alle previsioni. Il più grande interrogativo rimane allora la M1. Se Valentino riuscirà a compiere il suo decimo capolavoro, in questa o nelle prossime due annate, dipenderà in buona parte da quanto il pacchetto tecnico del colosso di Iwata riuscirà a fronteggiare Honda e Ducati. I primi test in Qatar, al momento, ci dicono poco e nulla: se nei primi giorni la Yamaha sembrava ancora claudicante, durante la terza sessione si è invece dimostrata piuttosto arrembante. Insomma, la fase finale della carriera di Valentino sembra appesa ad un filo a metà tra l’imprevisto e la fortuna. Ma c’è da aspettarsi di tutto da un genio.