Dopo la crisi dei microchip e dei semiconduttori a causa del Covid-19, il settore automotive deve affrontare un’altra sfida. La guerra iniziata dalla Russia ha colpito anche le fabbriche ucraine produttrici di cablaggi, un elemento fondamentale alla costruzione di vetture. BMW e Volkswagen, come altre aziende, sono state costrette a un blocco temporaneo della produzione per la mancanza di questo componente.
La crisi dei cablaggi colpisce il settore automotive
Il cablaggio è un componente fondamentale che serve a tenere insieme tutti gli impianti fisici e i meccanismi che compongono una vettura. L’Ucraina detiene un quinto della fornitura di cablaggi ma ora molte fabbriche sono state costrette a chiudere, a causa della guerra. Le grandi aziende di auto sono in uno stato di fermo e non possono continuare la produzione. Questo, come analizza Today, è un problema molto importante per l’automotive perchè non è semplice spostarne la produzione, ci vogliono persone qualificate e un importante sforzo economico. Le aziende sono, dunque, in seria difficoltà e stanno affrontando un nuovo periodo di crisi. Inoltre, ogni cablaggio è fatto su misura per una determinata vettura e questo rende il tutto ancora più complicato.
Come si stanno riorganizzando le aziende per fronteggiare la crisi
Nonostante la situazione sia difficile, le aziende stanno cercando di organizzarsi e reagire nel modo più tempestivo possibile. La prima tappa è quella di individuare nuove fabbriche di produzione di cablaggi da cui si possa ripartire. Nel frattempo, alcune fabbriche ucraine hanno ripreso l’attività ma molto lentamente a causa del conflitto. La difficoltà più grande è quella del trasporto, in quanto per rifornire gli stabilimenti ci si deve recare tra il confine ucraino e quello polacco. Non potendo lasciare il Paese i fornitori sono davvero in una situazione molto rallentata.
Leggi anche:
La crisi dei microchip blocca il settore auto: il caso della fabbrica di Torino
Auto nuova: come trovare la migliore offerta
La classifica delle autostrade più care d’Italia: ecco quali sono