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Alonso, l’ultimo samurai della Formula Uno: 17 anni tra alti, bassi, eccessi e speranze

Predestinato

Quando metti fine ad un impero ti addossi delle responsabilità superiori. Fernando pose termine al dominio incontrastato di Micheal Schumacher e la Ferrari conquistando due mondiali consecutivi nella stagione 2004 e 2005 con una rediviva Renault. Che Alonso avesse nel sangue la carica esplosiva del fenomeno, Schumi l’aveva capito: quella sfida generazionale era già stata vissuta dall’altra parte della barricata, facendo a capocciate con un tale Ayrton Senna.

I due si erano annusati come fanno le belve della stessa razza. E quando Alonso ebbe la meglio, lo fece da campione. Senza mostrare apparenti difficoltà, senza gridare alla svolta o annunciare la nascita di un nuovo regno in quanto ammissione di debolezza. E i cannibali dello sport nascono tutti così, dietro un velo di facilità che nasconde sforzi incommensurabili: Merckx, Maradona, Jordan, Alì, Federer, Schumacher. A fine 2005, Alonso si era riservato un posto in quell’Olimpo.